Le patologie del sistema nervoso centrale, sono tutte caratterizzate da una compromissione del comportamento umano, in particolare, per alcune di esse come la Schizofrenia tale compromissione è ancor più grave ed evidente poiché comporta per le persone che ne vengono colpite, il depauperamento delle funzioni esecutive e cognitive, la stigmatizzazione, la perdita del lavoro e l’isolamento sociale, sia per sé stessi, sia per i conviventi.
I farmaci utilizzati per la cura dei disturbi psichici, sono sicuramente utili nel gestire i differenti sintomi nonché le differenti fasi (acuzie/mantenimento) o cicli degli stessi. Quelli di recente generazione dimostrano peraltro maggiore maneggevolezza per la rilevata riduzione e modulazione della vasta gamma di effetti collaterali in passato più frequenti rilevabili di tipo cardio-metabolico, di quelli a carico della sfera sessuale e di tipo motorio. Il nuovo profiling farmacocinetico e farmacodinamico, la flessibile multirecettorialità dei farmaci di ultima generazione, tanto sul versante delle psicosi che su quello dei disturbi dell'umore, da un canto consente di sviluppare modelli di intervento sempre più dettagliati e centrati sulle specificità e le esigenze del singolo paziente (tailorizzazione -sartorializzazione delle cure e psichiatria di "precisione") dall'altro offrono al clinico una concreta prospettiva di azione, modulabile e flessibile, coerente con il recente impianto descrittivo nosografico di tipo dimensionale, che tende a definire quadri clinici con ampie sfumature sindromiche variamente sviluppantesi attorno a nuclei psicopatologici caratterizzanti centrali.
Il management psicofarmacologico ha, quindi, acquisito nell'ultimo decennio una maggiore centralità di attenzione in ambito specialistico in riferimento a temi come l'aderenza alle cure, l'appropriatezza delle scelte, l'economicità delle stesse e l'eticità dell'impiego di risorse peraltro sempre esigue. Farmacologi, farmacisti, psichiatri, sociologi ed economisti hanno in questi anni dato il loro significativo apporto in termini di ricerca e di integrazione di sguardo culturale per l'ottimizzazione dei percorsi di cura, volti alla determinazione dell'outcome ultimo costituito non tanto nel mero silenziamento sintomatologico, quanto nell'acquisizione e stabilizzazione di autonomia del paziente ed al raggiungimento di livelli di qualità di vita e di benessere percepito del tutto inediti rispetto a quanto era uso sperimentare nei contesti della Salute Mentale nei decenni trascorsi. In ciò offrendo speranza più che fondate sulla concretezza del real world per le nuove generazioni di esordienti nella patologia, sganciato in tal senso da aspetti di ineluttabilità e di stigmatizzazione sociale.
Voler quindi ricondurre ad un confronto clinici, personale di assistenza, sociologi, farmacisti, economisti e i vari stakeholder della Salute Mentale è l'obiettivo dell'incontro odierno che vuole favorire e promuovere il confronto interdisciplinare e far condividere diverse prospettive di analisi nell'intento comune del miglioramento delle prestazioni dei servizi da rendere ai pazienti che ci si affidano.
Nonostante il potenziale miglioramento della prognosi con i farmaci di ultima generazione, l’aderenza al trattamento rimane un aspetto centrale della cura.
Infatti evidenze scientifiche consolidate dimostrano che i pazienti tendono ad abbandonare la cura per diverse ragioni.
I farmaci a lunga azione (long-acting) rappresentano la migliore soluzione per favorire l’adesione al lungo termine alla cura e, di conseguenza, alla stabilizzazione del quadro clinico, ad una riduzione delle ricadute e alla riduzione dei ricoveri.
Responsabili Scientifici
Antonio Francomano
Salvatore Varia